Grazie a “Io ti vedo, tu mi senti?”, ho scoperto Rebor, uno street artist che ha occhi solo per il rosa. Di questi tempi, una sua installazione rappresenta perfettamente il mio stato d’animo. Passo le mie giornate davanti a un computer, mattinate spese a parlare a uno schermo nel silenzio della casa, non potere più andare a scuola e fare tutto quello che la nostra routine comprendeva è opprimente come uno pneumatico sullo stomaco. Il Covid è come una ruota che schiaccia tutto e tutti.
Ma torniamo a Rebor. Le sue opere sono: rosa, politiche e provocatorie. Si fanno notare con forza e suscitano scalpore o, forse, indignazione, specialmente quando piazza un cono rosa fluorescente sulla testa di Cesare Balbo a Torino. Avrei voluto vedere la faccia dei pensionati mentre assistevano alla sua performance perché di sicuro non avevano altro da fare che guardarla e porsi domande del tipo: “È arte o vandalismo?”, “Perché il rosa?”, “Cosa vorrà dire con queste opere?”.
Non so perché abbia scelto il rosa come suo marchio di fabbrica, ma di sicuro, quest’opera ha lo scopo di dissacrare un monumento, oppure, come nelle intenzioni di Rebor, per richiamare l’attenzione su qualcosa che diamo per scontato perché siamo troppo abituati a venderlo.
Il monumento è sempre stato lì, ma grazie alla street art lo guardiamo con un occhio diverso. Rebor crea una connessione tra il passato è il presente: tra l’ufficialità del monumento e l’ironia dell’artista contemporaneo. Ma crea anche un’altra cosa: lo stupore. E lo stupore è l’inizio del percorso di conoscenza. Perché nasce difronte a qualcosa che non conosci e ti appassiona e questo ti spinge a informarti sull’argomento.
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Un cappello da asino per una testa di marmo?